IL MITO CHE NON INVECCHIA MAI
Il celebre investigatore privato Sherlock Holmes è
ormai nell' immaginario comune lo stereotipo di detective. I
romanzi di Sir Arthur Conan Doyle hanno avuto il pregio di dare l'
immortalità ad un personaggio fittizio e alle sue avventure insieme
col fidato Watson, contro i più intricati misteri e i crimini del
perfido Moriarty. Da questi libri sono stati tratti molte altre
opere tra film, serie tv, e indubbiamente la figura del detective
eccentrico ma infallibile ha inspirato altri grandi delle
letteratura, prima fra tutti Agatha Christie e il suo Poirot. Nel
2010 Steven Moffat e Mark Gatiss mandarono in onda prima in
Inghilterra e poi in tutto il mondo una miniserie in 3 puntate sulle
vicende narrate nei libri di Doyle, ma al giorno d'oggi. Ogni puntata
ha la media di quasi 90 minuti e raccontano le più famose storie
dello scrittore inglese in chiave moderna. Fu un successo tale che
fino ad ora sono state prodotte altre 2 stagioni (entrambe con appena
3 episodi sempre della lunghezza di 1 ora e mezza) e una 4° è in
cantiere.
Quello dei due registi può apparire certamente come un
rischio; non è facile far rivivere le stesse storie adattandole dopo
quasi 200 anni, tuttavia grazie a una regia ottima, una sceneggiatura
rivisitata che manda continui rimandi, senza mai alludere
direttamente ai romanzi passati, e soprattutto grazie alle
strabilianti interpretazioni di Benedict Cumberbatch (Sherlock) e
Martin Freeman (Watson) l' esperimento è sicuramente riuscito. In
questa ennesima versione del mito troviamo uno Sherlock più stravagante,
ironico, asociale e folle del solito. Egli vede gli omicidi come
semplici giochi tra lui e il serial killer, infatti si rifiuta di
accettare incarichi più “noiosi”. Appare quasi estraniato dalla
realtà, con atteggiamenti talvolta molto superbi, supportati
tuttavia da una capacità di deduzione incredibile e ai limiti dell'
umano, che lo porteranno ad essere sia odiato dalle persone come
essere umano, sia amato e richiesto come il miglior consulente
investigativo (mestiere coniato da lui stesso) sulla piazza.
Ad
affiancarlo ci sarà l' ex medico di guerra John Watson, che quasi
per paradosso rappresenta la parte più umana e affabile del duo.
Anche egli possiede ottime doti intuitive, anche se nemmeno
lontanamente paragonabili a quello che prima sarà suo coinquilino,
poi suo collega e infine suo stretto amico (forse l' unico), ed è un
ottimo medico da campo, nonché militare addestrato. Durante il corso
delle puntate lo scopo di Watson (oltre ovviamente quello di
risolvere casi) sarà far uscire allo scoperto l' umanità che
Holmes, solo all' apparenza, non sembra avere. Il duo dovrà fare i
conti con spietati serial killer e soprattutto con Moriarty, che in
antitesi con Sherlock sarà un consulente criminale su commissione,
che si divertirà spesso a testatre le incredibili doti intuitive
dell' investigatore con vari enigmi, omicidi e trappole.
La serie
risulta ai limiti tra un classico drama poliziesco e una dark
commedy, a causa della massiccia dose di ironia e autoironia presente
sullo schermo. Non mancheranno di certo i commenti audaci e
totalmente al di sopra delle righe di Holmes (presenti anche nei
libri ma che nella serie sono molto accentuati e lo partano a
divenire quasi come un antieroe per la società, un uomo che si
diverte nel suo lavoro, ma che considera gli altri quasi al pari di
esseri inferiori e che pare non abbia interesse per la vita umana),
come non mancheranno le situazioni ai limiti dell' assurdo con cui
dovrà far i conti il povero Watson, che non solo dovrà combattere
contro pericolosi assassini e associazioni malavitose, ma anche
contro un collega spesso insopportabile e per cui il termine strano è
solo un eufemismo. Un' ottima serie tv, abbastanza breve e quindi
facile da recuperare, che, nonostante la lunghezza di ogni puntata,
riesce a prendere lo spettatore ad avvincerlo, a farlo ridere e
preoccupare e soprattutto fargli apprezzare un ottimo lavoro,
probabilmente uno dei migliori degli ultimi anni
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